È ora di uscire a fare l'allenamento che il coach, o la tabella scaricata dalla rete ci comanda.
"Che c'è da fare oggi? Scarico? Uff.. Speriamo in un fondo lento. Ne ho bisogno, sono stanchissimo. Nooooo ripetute! Che palle! Mannaggia, oggi mi devasto le gambe e sputo i polmoni!"
Alla fine però, l'overdose di endorfine ha la meglio sulla fatica di una sessione così impegnativa.
Ogni giorno o quasi è sempre la stessa storia. Come dei tossicomani, la voglia di "farsi di running" vince
sempre sulla paura di affrontare un allenamento impegnativo o, a volte anche solo di uscire di casa e abbandonare Dio divano.
Allora via, ci si traveste da kenyoti candeggiati con scarpe, canotta e pantaloncini quando la stagione lo permette oppure indumenti termici e cerata griffata sotto la pioggia battente, vento, uragani, esondazioni e terremoti e si esce. Sempre.
Quella dose quotidiana non te la leva nessuno. E, sempre come un tossicodipendente si scorda come ci si è
infilati dentro quel tunnel fatto di scarpe trimestrali, unghie nere, consorti mollate alla prole, mamme disperate e fidanzate dimenticate alla fermata del tram mentre noi, in un turbine di passione consumiamo tradimenti con stretching sfrenati ed allunghi finali.
Quando poi qualcuno ci chiede come si comincia a correre per un attimo ci fermiamo e ci guardiamo dietro. Ognuno ha la sua storia, la mia l'ho raccontata qui, quella del mio amico Mario potete leggerla qui ma mai tutte uguali. Un bisogno di libertà, un consiglio di un amico, una necessità legata alla salute, il sovrappeso, la tartaruga rapita e tenuta ostaggio sotto una tenda lipidica, l'amico tapascione che ti trascina. Il denominatore comune, per tutte le storie è sempre, comunque la fatica. L'inenarrabile fatica delle prime uscite, le sessioni sconsiderate, i dolori dovuti alle litrate di lattato in circolo nelle gambe, lo sconforto quando ti vedevi sverniciato dal runners a velocità doppia, quella mise a dir poco discutibile ignari dell'esistenza di quel paradiso chiamato Decathlon.it.
Fino ad allora pensavi che la corsa fosse uno stupido sport da fare solo in primavera con l'auricolare bianco e iPod in tasca (e qui pochi giorni fa ho spiegato ad un mio collega che non è proprio così). Poi scopri il "jogging", che non è altro che “running non competitivo” e, a mio avviso, l’ingresso del tunnel.
Ma se vuoi abbandonare subito il jogging per entrare nel tunnel del running ecco cosa ti aspetta:
“Il vero runner rosica solo al pensiero di farsi sverniciare per l'ennesima volta dal runner griffato. È quello che non pensa più in km all'ora ma in minuti al km, è quello che sei un tapascione se vai sopra i 5 minuti al km invece sei un top runner (almeno del condominio) se vai sotto i 5 minuti al km, è quello che, quando passeggia in via Manno non pensa allo shopping ma agli sprint in salita o ad un collinare se sconfina in via Garibaldi, è quello della libreria piena di pettorali, la parete coperta di medaglie e diplomini, è quello delle 2 ore di macchina per una gara da 20 minuti, è quello del personal best da superare, GPS da azzerare, polmoni da sputare e scarpe da lavare.
Ma noi siamo fatti così, malati di corsa, bambini svezzati a lattato, criceti da pista, o stambecchi con l'asma da bitume, cugini dei bikers e "orzo-luppolati" convinti.
Se volete, principianti, seguiteci pure.
Non sperate nella nostra comprensione, nel nostro aiuto, nel nostro conforto. Non vi aspetteremo, vi lasceremo soli nelle strade buie e in balia dei randagi, non vi consiglieremo, vi lasceremo liberi di sbagliare, di fermarvi, di ripartire per farvi male.
Ora se volete, se avete la forza, il coraggio e la volontà, riprendetevi dallo spavento e mettetevi le scarpe buone.
Il paradiso del running non tollera i pronatori.
Iniziamo. “
P.S.
Paura eh?
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